Professionalità, rispetto della diversità, compassione. Sono queste le parole chiave che motivano il lavoro di Riccardo De Paolis, insegnante certificato di Yoga e mindfulness MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction). La sua attività è articolata in una fitta agenda di lezioni che è riuscito a organizzare sulla sua piattaforma online, per ovviare alle attuali
restrizioni sanitarie. Il suo speciale talento è stato quello di mettere al servizio degli altri le sue esperienze di vita, creando un percorso totalmente diverso e nuovo, davvero in linea con le sue vere passioni. Il risultato è che riesce a trasmettere a tutti la gioia e l’amore per quello che fa, contagiando con la sua positività i praticanti che lo seguono da mesi, in un momento difficile come quello che stiamo attraversando.
Dopo essersi laureato in ingegneria elettronica e aver lavorato per otto anni per una major internazionale, Riccardo ha infatti trasformato in maniera totale la sua vita, approfondendo la sua passione per le discipline olistiche. Ha vissuto e lavorato in Australia, Regno Unito e in Svizzera e insegna presso diversi yoga studio, centri fitness, aziende e privati,
organizzando periodicamente ritiri internazionali e workshops.

Lo abbiamo sentito per sapere di più sulle sue scelte di vita e per capire meglio quale genere di benessere possono offrire alle persone le discipline che insegna.

Riccardo De Paolis

Riccardo, quando è perché ti sei appassionato allo yoga, tanto da decidere di cambiare completamente vita e insegnarlo a tua volta?


Io pratico yoga da 12 anni e mi sono avvicinato a questa disciplina in seguito a una mia grande delusione d’amore.
Ogni situazione di crisi può essere considerata anche una grande opportunità di crescita personale, e così è stato per me. In questa situazione di dolore ho scoperto la possibilità di accedere a una disciplina che trasforma radicalmente il modo di percepire il quotidiano. Ho percepito immediatamente questo effetto sin dalla mia prima lezione di yoga, poi ho continuato a esplorare. Non mi sono accontentato del semplice rilassamento, ma ho cominciato a chiedermi cosa fosse celato dietro ogni muscolo, dietro ogni pensiero, e quindi negli anni ho affrontato anche altre sfide e quella più importante ha avuto come effetto quella di condurmi in Australia. Il percorso non è stato diretto, ma sono approdato là dopo prove, tentativi, esplorazioni e viaggi sia interiori che fisici. Il mio background è da ingegnere, mi sono laureato in ingegneria elettronica nel 2008 a Roma e ho lavorato per molti anni anche per una grande corporation americana,
come pre vendita e come consulente. Ho fatto una grande esperienza in quel settore, e mi ricordo che fui assunto proprio durante la scrittura della mia seconda tesi di laurea sulla realtà virtuale, lavoro che mi ha aperto al mondo olistico e a una curiosità anche verso lo yoga. In questo periodo mi sono avvicinato a questo mondo come praticante, con grandissima curiosità. A un certo punto c’è stata una scissione, non mi sono più sentito allineato con il codice etico e alcuni aspetti relazionali che si verificavano nell’azienda. Anche se devo dire che conservo anche dei bellissimi ricordi, bagaglio del quale sarò sempre grato e che mi porto sempre bene dietro. Tutti questi fattori mi hanno poi spinto ad un cambiamento radicale. Queste cause e condizioni mi hanno consentito anche di trasferirmi in Australia.
Ho conseguito un diploma in massoterapia a Sidney e durante il corso ho avuto la possibilità di lavorare in molti centri di massaggi e per diversi chiropratici. In Australia le persone tengono molto alla cura per il corpo, quindi lavoravo tantissimo. Sentivo però che mi mancava ancora qualcosa e facevo tutti i giorni yoga, è scattata la ‘scintilla’ e ho deciso di frequentare il corso di insegnanti presso il Byron Yoga Center, a Byron Bay in Australia. Lì ho frequentato un corso molto intenso di 800 ore, durato un anno, studiando praticamente tutti i giorni le asana (le posizioni yoga), il
pranayam
a, (il respiro yogico), filosofia, anatomia, oltre a lavorare per un centro massaggi di Byron Bay. Devo dire che è stato uno dei periodi più belli della mia vita, ma non nascondo neanche le grandi difficoltà che ci sono state, soprattutto all’inizio, in un nuovo continente distante dalla famiglia e dagli amici. Questo fa parte anche del percorso di trasformazione: affrontare le proprie paure e crescere.

Hai fatto un’esperienza di grande e bellissima trasformazione, è evidente che tu abbia tratto grandi benefici da questa disciplina. Insieme allo yoga, ti sei dedicato anche alla mindfulness, che oggi insegni, me ne parli?


Quando sono tornato in Italia ho conseguito un master in Neuroscienze presso la Facoltà di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma. Ho studiato mindfulness, per l’insegnamento del protocollo MBSR, Mindfulness Based Stress Reduction. È una pratica che deriva da tradizioni molto antiche, spirituali, nell’ambito del buddismo Theravada, con elementi anche di yoga. Mindfulness significa consapevolezza. Ora se ne parla moltissimo, ed è un bene perché può in effetti aiutare molto nel quotidiano. Io lavoro spesso anche nelle aziende, proponendo un protocollo di riduzione dello stress che è stato creato da John Kabat Zinn negli anni ’70. Il protocollo MBSR era stato creato soprattutto in ambito
ospedaliero, per pazienti oncologici, persone con un livello molto alto di stress che ovviamente dovevano affrontare anche dei dolori cronici. I risultati di questi protocolli furono molto incoraggianti e gli americani, che sono molto pragmatici, lo hanno utilizzato anche in altri ambiti, come quello aziendale, perché migliora le performance, riduce i giorni di malattia, la gente è meno stressata e produce di più.

Il grande tema della mindfulness è come la si usa, in quale contesto la si usa e quali sono le basi sulle quali la si utilizza.
È chiaro che questo tipo di meditazione viene utilizzata anche in contesti meno etici, quale può essere quello militare e chiaramente in quel caso c’è una distonia, perché comunque quello che viene fatto lì è creare militari molto più consapevoli nel portare avanti un’eventuale operazione militare.

Direi che in effetti c’è un problema etico importante in questo caso, e anche rispetto all’utilizzo della mindfulness per incrementare la produzione: mi suona male, tu che ne pensi?


Assolutamente sì, però va anche detto che le persone che lavorano in azienda sono esseri umani e che il sistema in cui noi viviamo è questo. È un po’ un dilemma che mi pongo sempre davanti. Da una parte sono d’accordo con te, dall’altra però bisogna pur partire da qualche parte. Al termine di un percorso di MBSR si apre uno spazio di trasformazione che può guidare la persona ad avvicinarsi ad uno stile di vita e una percezione della realtà un po’ differente. Una cosa non esclude l’altra, anche se all’inizio può sembrare una contrapposizione.
Tuttavia siamo immersi in questo tipo di contraddizioni: il nostro i-phone è creato dalle persone che scavano in Africa per prendere il cobalto nelle miniere, però l’i-phone lo utilizziamo lo stesso. Tutto sta nel come utilizzare lo strumento che abbiamo a disposizione. Ciò che faccio è provare a rimanere il più etico e allineato possibile. Vorrei dare qualche
piccola visione in più a chi lavora in azienda, qualche possibilità in più di esplorare la compassione, di aprirsi con gentilezza anche verso i propri colleghi, cercare di trasformare la propria giornata, ma questo vale sia per la mindfulness che per lo yoga. Se ci pensi lo yoga viene oggi proposto come una pratica di rilassamento oppure di fitness. Qualcuno potrebbe osservare che insegno anche nelle palestre. Certo, ho l’esigenza di sopravvivere e sono
anche felice di insegnare nelle palestre, perché da lì, pur non essendo un ambiente ‘spirituale’ per così dire, possono nascere degli interessi più ampi e le persone possono volontariamente decidere di approfondire il tema dello yoga. Di fatto non sono un ‘puritano’ da questo punto di vista, ma preferisco invece cercare di trovare un equilibrio nelle cose.
Chi vuole si può fermare al rilassamento, altri, come ho fatto io, cominceranno a dirsi: “Forse c’è altro da esplorare”.

Posizione Virabhadrasana I
Mi hai convinto. È come seminare qualcosa. Tu lo fai e chi vuole cogliere lo stimolo e fiorire ha tutto il tempo e il modo di farlo, però se non conosce questa pratica mai potrà iniziare. Ognuno ricaverà da questa esperienza il meglio per se stesso, in ogni caso.


Certo. Questo lo vedo anche nei miei gruppi di pratica: ognuno coglie quello che riesce a cogliere in quel momento, poi magari rifacendo la posizione, ripetendo un nuovo flow, scopre qualcosa di diverso. Con nuove tecniche di
respirazione, con le pratiche di consapevolezza si percepisce ogni giorno qualcosa di differente. Questo perché il contenuto della pratica siamo noi. La pratica di yoga, come quella di mindfulness, offrono un framework, una struttura. Spetta a noi riempire questa struttura con la nostra vita, il nostro quotidiano, le nostre relazioni sociali. Non si tratta di fare il guru, né tanto meno di salire in cattedra, ma di stare tutti assieme e cercare di condividere le nostre esperienze, rispettando le diversità e i propri tempi.

Secondo te yoga e mindfulness possono essere considerati anche un metodo di guarigione di corpo, mente e anima?


L’aspetto della guarigione è importante. Dal punto di vista degli standard internazionali io faccio parte dello Yoga Alliance, dove non è consentito definire lo yoga come una pratica terapeutica, sebbene sappiamo abbia delle capacità di creare e favorire uno stato di benessere generale. Questo perché culturalmente, a torto o a ragione, in un contesto
occidentale definire ‘terapeutica’ una pratica che non ha una relazione diretta di causa ed effetto dimostrabile, può portare a conseguenze legali. Sappiamo che fa bene e ci sono molte evidenze scientifiche sul fatto che la pratica dello yoga e le pratiche di respirazione permettono, per esempio, di ridurre il livello di glicemia, di regolare il flusso sanguigno, di entrare in uno stato parasimpatico, e di conseguenza di ridurre lo stress ossidativo. Quello che manca è però una relazione diretta, cioè non vi è una dimostrazione ‘matematica’, per cui se io faccio un’ora di yoga automaticamente mi passa il dolore al collo o mi passa l’alta pressione. Abbiamo un effetto, ma non è quantificabile.
Questo perché noi ragioniamo in termini occidentali e siamo abituati a pensare in numeri, però dobbiamo anche accettare il linguaggio. Nel contesto occidentale non è consentito, e io sono d’accordo con questo, presentare entrambe le pratiche come forma di guarigione, perché per guarire ci sono la medicina e altre pratiche. Quello che può essere fatto è però coadiuvare un percorso personale. Una necessità che io sottolineo sempre è quella di ‘mollare la presa’, nel senso che non dobbiamo creare attorno a queste pratiche delle aspettative. D’altra parte più le lasciamo andare, maggiori saranno le possibilità di aprirsi a qualcosa di diverso.

Ognuno ha la propria situazione personale, c’è questa spinta che porta, in caso di difficoltà, ad avvicinarsi allo yoga e alla mindfulness, però cerchiamo di mettere i giusti tasselli. Poi ovviamente ci sono anche gli effetti benefici. Sia la mindfulness che lo yoga, aiutano a una ristrutturazione delle relazioni sociali, a una migliore gestione delle emozioni.
Di fatto questa può essere definita una forma di ‘pacificazione’: portiamo pace nelle relazioni sociali, nel corpo che abbiamo. Pensiamo a quante persone non accettano il corpo che hanno, la pratica dello yoga ci aiuta anche ad aprirci con gentilezza verso quello che siamo, senza doverci modificare. Senza doverci ‘fustigare’ per fare alcune posizioni estreme. Questo portare pace, una piccola goccia di serenità aiuta anche a ridurre lo stress quotidiano e ha una serie di effetti benefici a cascata.

Posizione Adho Mukha Svanasana
L’emergenza sanitaria in atto sta causando, anche in seguito al timore del contagio, alle restrizioni, al distanziamento sociale, al rischio di perdita del lavoro, tante paure e tanta solitudine. Sono in aumento insonnia, ansia e depressione. Quanto può essere utile in questo momento praticare yoga e meditazione?


Mi trovi di parte su questo tema! Più si pratica, più abbiamo possibilità di fronteggiare lo stress quotidiano. La pratica è concentrica: quando ci avviciniamo allo yoga la prima cosa che cerchiamo è il rilassamento e poi l’allungamento, lo stretching. Questo accade perché ho visto qualche bella immagine online di qualcuno che fa posizioni magnifiche, e
voglio farlo anche io. Va bene, non lo giudico, è giusto che sia così ed è giusto che chi è molto stressato vada a cercare di calmare lo stress e di ridurlo. Poi piano piano però affiniamo questa percezione e possiamo aprirci non solo all’aspetto fisico, ma anche al respiro.
Il respiro gioca un ruolo importantissimo, sul diaframma, sui muscoli intercostali. Le pratiche di pranayama ci aiutano moltissimo a portare la nostra attenzione su qualcosa di molto più sottile, molto più leggero, eterico ma anche sempre presente. Questo è molto importante, sia nel caso della mindfulness, sia della pratica fisica. Anche se poi nello yoga il
respiro viene controllato e utilizzato in maniera differente, in entrambe i casi c’è un’apertura a questo elemento che magari non è conosciuto. Poi, piano piano, si entra in un aspetto più introspettivo. Pensa anche allo yoga Nidra, a quali effetti benefici ha.

Un sessione di yoga Nidra

Pensavo proprio allo yoga Nidra, che si pratica stando sdraiati e fermi, guidati dalla voce dell’insegnante. Come agisce?

Yoga Nidra è qualcosa di unico secondo me. Se siamo disposti a superare la nostra resistenza iniziale, perché la pratica si fa alla sera, e capisco che uno magari voglia vedere un film, o fare altro. Questo tuttavia è un vecchio tema, che riguarda anche la pratica dello yoga e altre pratiche. L’idea è mettersi lì e fare l’esercizio, perché non c’è una pillola magica. Nel caso di yoga Nidra la pratica è talmente profonda che 45 minuti di svolgimento corrispondono a diverse ore di sonno profondo. Ed è un sonno ristorativo. Naturalmente non è concepito per dormire, ma è una pratica
spirituale. Ma presentata come tale non avrebbe senso, perché comunque non sono un guru e non è il nostro contesto in questo momento. Io sono una guida sino a metà montagna, poi dalla metà della montagna se uno vuole si
incammina, sceglie un maestro spirituale e fa una pratica spirituale per la propria illuminazione. Qui non stiamo parlando di quello, ma di una pratica che come primo step induce un profondo rilassamento.
L’immagine molto bella che viene data dello yoga Nidra è quella di una foglia sospesa sul filo della superficie dell’acqua. C’è una parte bassa della foglia che è bagnata dall’acqua e una parte superiore che è a contatto con l’aria. Si sta in quello stato a metà tra sonno profondo e veglia, in questo stato alternato, con una meditazione guidata che ci aiuta moltissimo a entrare maggiormente in uno stato di profondo rilassamento. In più ci sono anche altre cose che la differenziano da pratiche simili, per esempio si lavora con il samkalpa, che è un’ intenzione positiva che deve essere inserita nella pratica in una certa maniera, scelta dallo studente e frutto di pratica e lavoro. Il samkalpa è una scelta molto personale che aiuta a rinforzare questa idea positiva che si vuole sviluppare, per esempio di benessere, di gioia, di gratitudine, qualcosa di elevato.

Oggi il mondo sta cambiando, ognuno di noi si trova ad affrontare trasformazioni, nel lavoro, ma anche nella vita privata. Tu che hai già affrontato cambiamenti di vita importanti, scegliendo un nuovo lavoro, altri paesi e creando nuove appaganti realtà per te stesso e di aiuto agli altri, che consiglio puoi dare a chi ha paura di questo passaggio?

Ognuno è un universo. Il piccolo consiglio che posso dare, indipendentemente dalla propria età è di seguire le proprie
passioni.
Ci sono persone che ci leggono che magari hanno famiglia, bambini, quindi non è pensabile proporre loro di mollare tutto e partire. Quello che possono fare è magari scoprire la passione di leggere un libro, andare in un museo, oppure di fare teatro appena si potrà fare, per esempio. Di cominciare insomma a fare qualcosa di differente,
trovare una passione che è sotto traccia, nascosta, ma che non si ha mai avuto coraggio di vivere. Lo yoga aiuta in questo, permette di tirare fuori la forza, l’allineamento, il coraggio, la sicurezza, la fiducia in se stessi, ma anche la gioia di provare qualcosa di diverso. Questo aiuta poi ad alimentare il lavoro che facciamo nel quotidiano. Non bisogna pensare al nostro lavoro come a qualcosa che assorba totalmente le nostre energie, perché diventa qualcosa di tossico, ma occorre cercare di combinarlo con qualcosa, una grande passione. E ovviamente rinforzare la base di consapevolezza, perché senza questa la definizione degli obiettivi non può essere posta.
Sento spesso parlare di questi corsi di ‘definizione degli obiettivi’. Sono molto belli, seguono schemi americani molto efficaci, peccato poi che le persone, quando raggiungono l’obbiettivo, si scoprono infelici o comunque con divorzi alle spalle o disastri familiari. Questo accade perché per soddisfare totalmente il proprio ego, la propria smania, non si
rendono conto che rinunciano a un panorama attorno a loro composto da amici, parenti e conoscenti, e questo è un peccato. Bisogna sempre trovare un equilibrio tra l’esigenza lavorativa e la famiglia, i propri affetti e quant’altro. Lo yoga in questo aiuta, perché facilita la resilienza, cioè la capacità di adattamento, e oggi ce ne è tanto bisogno. È chiaro che il contesto sociale si sta trasformando: quello che possiamo fare è essere vigili, aperti e ascoltare in che modo la società si sta evolvendo. Bisogna darsi da fare per non soccombere agli eventi, e per cercare di esprimere il
meglio di se stessi
. Questa è una cosa che accomuna tutti noi in questo momento. Occorre tranquillizzarsi, stabilizzare la pratica, trovare un equilibrio per perseguire le proprie passioni con gioia e amore. Fondamentalmente si tratta di questo.

Riccardo De Paolis

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