Le erbe che ci guariscono sono presenti nel nostro cortile. Sono là per noi, appaiono anche nei nostri sogni o si rivelano in incontri casuali e intuizioni. Molto spesso non ne siamo consapevoli, tuttavia in qualche angolo della nostra memoria abbiamo conservato questo sapere. Curarsi con le erbe fa parte di un patrimonio di conoscenze che gli antenati si tramandavano oralmente, da una generazione all’altra. Ogni zona geografica ha le sue piante spontanee curative, come nella medicina ayurvedica indiana, o nella medicina cinese. Le nonne sapevano bene come aiutare a far star bene la propria famiglia e le persone vicine, con le erbe che si trovavano nel loro cortile di casa. In Sardegna questa preziosa conoscenza è ancora molto sentita, ma rischierebbe di perdersi, se non fosse per persone speciali come Gianpaolo Demartis, etnobotanico, fondatore della Libera scuola di erboristeria popolare sarda, che ha raccolto, con passione e paziente attenzione, dalla voce di queste “nonne”, le testimonianze di una tradizione molto antica. Dopo averla ampiamente studiata, incontrando e intervistando le persone anziane che ancora la detengono, lui oggi la pratica con sorprendente intuizione. Ma soprattutto ama divulgarla a chi sente la necessità di riconnettersi in maniera profonda con la natura, soprattutto in tempi come quelli che stiamo vivendo, che ci hanno mostrato, senza più dubbi, l’importanza di ritrovare finalmente la bussola della propria umanità.

Gianpaolo Demartis

“Sapere che abbiamo tutto ciò che ci serve per guarire corpo e anima dalla natura è qualcosa che dona pace e appagamento enorme”, spiega sorridendo Demartis, nel corso di un incontro tenutosi nelle campagne galluresi. E proprio per condividere queste sensazioni, lui organizza seminari e incontri periodici in tutta l’isola, spinto dall’esigenza di diffondere le sue conoscenze e insegnare ad ascoltare ed entrare in connessione con le informazioni e gli strumenti che la natura ci offre gratuitamente.

Grandi ustioni, calcoli renali, malattie della pelle, problemi legati all’apparato cardiocircolatorio e digestivo, diabete. Sono davvero molti i disturbi che possono essere curati con le erbe e le piante della medicina popolare sarda. Una fase dell’insegnamento di Gianpaolo Demartis si basa sul riconoscimento diretto, e sulla conoscenza delle virtù curative di ognuna di loro. Ma questo non basta, è solo una minima parte di questa medicina unica e molto magica . Esiste infatti una componente emozionale delle stesse piante ed erbe, che non può essere colta da chi le utilizza, se non sviluppando una sensibilità particolare, una sorta di empatia da “guaritori”, che permette di mettere in relazione il messaggio che veicola la pianta, con la persona da aiutare. Demartis racconta che molti preparati erboristici da lui realizzati per gli altri, sono nati da una sorta di “esperienza mistica”, dall’essersi lasciato trasportare da “su sentidu”, quell’energia che ci permette  di connetterci con l‘universo e attingere alla conoscenza che già ci appartiene.

Ma come si utilizzano queste erbe della medicina popolare? A seconda della situazione e della persona, la simbolica “nonna” sceglieva la pianta e la modalità del preparato. Si utilizzava s’affumentu, la fumigazione sarda, che consisteva nel bruciare l’erba su una tegola con del carbone e poi diffonderlo nell’aria e attorno alla persona, oppure si preparavano il macerato, l’oleolito, l’ infuso, il decotto, oppure l’unguento. Ma anche in questo caso non valgono i criteri convenzionali, se non per indicazioni di massima. La scelta delle modalità della durata di queste preparazioni è del tutto personale. Non c’è un “meglio” o un “peggio”, ognuno decide sulla base del momento e della persona che ha di fronte.  

Fonte naturopatiasardegna.blogspot.com

La  misura delle quantità utilizzate nei preparati non è  infatti definita da criteri fissi, è basata sul “su tantu”, che in lingua sarda significa “quel tanto” che basta, su quello che si sente giusto, “su sentidu”. Non ci sono misure specifiche o prestabilite. “In un mondo tutto basato sui numeri precisi e sulla delega esterna, affidarsi al “su tantu” ci rimette al centro dell’esperienza, rende l’intervento personale fondamentale”, spiega Demartis.

Una volta scelta la pianta e l’applicazione adatta, si lascia che questa agisca. Alcune erbe lavorano direttamente per far emergere alla luce la malattia e così espellerla. Altre lavorano sulle cause del disturbo e del problema fisico, agendo direttamente sul problema emotivo, sul trauma che ha fatto manifestare la malattia, in maniera tale da trasformare quell’emozione negativa in qualcosa di contrario e positivo, di superarla, guarendola e risolvendo così anche la manifestazione esterna del disturbo.

Mirto

Il campionario di piante ed erbe medicinali sarde con cui lavorare è ricchissimo. Una delle piante selvatiche più diffuse è il mirto, il suo rametto fiorito è ottimo per le sue proprietà antinfiammatorie, per stimolare il sistema immunitario, per le ustioni e per ristabilire l’equilibrio mentale.  Il lentisco invece lavora sul dolore fisico, ma anche sui traumi psichici molto importanti. Il marrubio è una pianta importante, adatta per i problemi legati all’apparato digerente. Si usa molto per chi ha problemi di digestione legati alla rabbia, al giudizio contro di sé perché non si ha sufficiente autostima. La ‘pala’ del fico d’India, tagliata a libro, e applicata sulla parte interessata, è molto efficace come terapia d’emergenza sulle ustioni.

Un’altra pianta molto presente in Sardegna, tipica della macchia mediterranea, è il teocrium marum, conosciuta anche come “erba gatta”, in grado di aprire “la porta dell’anima”. Le sue foglioline molto aromatiche, sfregate tra i polpastrelli e poi inalate alternativamente in ogni narice, bloccano il raffreddore sul nascere e sono molto efficaci in caso di sinusite. Le foglie essiccate e poi inalate curano anche i polipi nasali. Un uso oggi molto efficace di questa pianta  (sperimentato personalmente con successo, ndr) è la cura dell’anosmia, disturbo che consiste nella perdita della capacità di sentire gli odori, molto diffuso come conseguenza del Covid a lungo termine.

Lavanda stoechas (selvatica)

La lavanda selvatica è una pianta che favorisce l’elevazione spirituale, ed è adatta quindi per le persone troppo legate alla materia.  Il suo decotto viene usato per curare alcuni disturbi delle vie respiratorie, degli intestini e della pelle. Utile anche per ustioni, ferite, punture di insetto. L’alloro è la pianta del coraggio. Per chi soffre di otite sono molto utili i suffumigi con i vapori delle foglie e delle bacche d’alloro, L’oleolito di alloro puo’ essere anche usato direttamente dentro l’orecchio. Altre due piante importanti e molto presenti in Sardegna sono l’elicriso e l’erica. Il primo è la pianta del Sole, molto aromatica, lavora per ricostruire l’autostima che qualcuno ha distrutto. È una pianta analgesica e antinfiammatoria, regola le mestruazioni e cura le malattie respiratorie e la tosse, la bronchite e l’asma. I decotti dei suoi fiori leniscono i dolori alla testa e alle ossa.  L’erica è la pianta del forte amore incondizionato che aiuta a lasciar andare. È una pianta drenante, ottima per chi ha problemi di ritenzione idrica e di cellulite. Per l’osteoporosi la pianta più indicata è l’equiseto, Dopo averla essiccata al sole si fa un infuso e si beve come l’acqua.

L’approccio verso questo tipo di medicina non è certo convenzionale. “Si basa molto sulla predisposizione personale e la capacità di leggere i segni della natura – spiega Gianpaolo Demartis – Colori, forme, segni, secondo questa tradizione popolare, sono molto importanti e io l’ho appreso da questi racconti della tradizione orale. Questo, all’inizio del mio percorso, mi ha aperto un mondo totalmente diverso da quello che immaginavo. Una nonna della zona di Cagliari – spiega ripercorrendo le prime tappe del suo lavoro-  mi raccontò che loro usavano il rosmarino per la depressione, l’esaurimento nervoso e l’emicrania. Poi invece, parlando con una nonna della zona di Nuoro, questa mi disse che loro utilizzavano la lavanda spontanea per la depressione, l’esaurimento nervoso e l’emicrania. Di nuovo le tre patologie. Poi nella zona di Sassari un’altra nonna mi raccontò che usavano la borragine per la depressione, l’esaurimento nervoso e l’emicrania. Tre piante diverse per le stesse patologie. Perplesso tornai a casa e iniziò il mio viaggio. Capii che per studiare la medicina popolare sarda bisognava unire i puntini. Il primo punto ferno che misi fu proprio l’importanza del colore: in questo caso il viola. Il rosmarino, la lavanda e la borragine hanno come comune denominatore il viola dei fiori. Ho capito che questo colore era legato a queste tre patologie, e ho scoperto che ogni qualvolta c’è il viola, la pianta in Sardegna ha un utilizzo per quelle tre patologie. Ho quindi scoperto che il giallo era legato alla cura della pelle, il rosso aveva a che fare con le infiammazioni, con il fuoco, il nero ha aveva a che fare con le grandi ustioni. Non a caso dopo un grande incendio c’è il nero, il carbone. Questo mi dimostrava che non abbiamo perso nulla di questa antica conoscenza, e chiunque voglia riappropriarsi di questo sapere può partire da questi punti di riferimento. Gli stessi principi possono essere applicati alla forma delle foglie e dei frutti”.

I fiori dell’asfodelo sono commestibili

Ma le erbe naturali non hanno solo un potere curativo, Demartis ha contato in Sardegna ben 250 piante commestibili: “Sono erbe spontanee a costo e chilometro zero- ricorda -Anche i tessuti e i fertilizzanti si facevano con le erbe. Abbiamo tutto a portata di mano e non lo utilizziamo. Oggi deleghiamo ogni cosa, e per comodità andiamo al supermercato, ma è importante ricordarci che possiamo avere tutto quello di cui abbiamo bisogno per curarci e nutrirci, direttamente dalla natura”. Questo è un concetto al quale Demartis tiene davvero molto, da condividere e trasmettere. Non dobbiamo preoccuparci, sostiene, e non dobbiamo avere mai paura di nulla.

“Nel mondo puo’ succedere qualsiasi cosa, ma il mandorlo a gennaio fiorisce sempre e le giornate si allungano sempre più verso la primavera. Tutto ricomincia ad animarsi e ad entrare in fermento. E noi – ricorda concludendo- siamo natura. Non dobbiamo dimenticarlo mai”.

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